Operazioni d isoccorso sul luogo dell'incidente (foto LaPresse)

L'aereo russo precipitato nel Mar Nero con a bordo il coro dell'Armata Rossa

Maurizio Stefanini

È stato un attentato a far finire nel Mar Nero l’aereo militare Tu-154 con a bordo, tra i 92 passeggeri, 64 dei circa 400 membri del Coro dell'Armata Rossa? Il volo era diretto alla base militare di Khmeimim e il dubbio viene dunque spontaneo, se si pensa all’altro attentato che è appena costato la vita dell’ambasciatore russo in Turchia.

È stato un attentato a far finire nel Mar Nero l’aereo militare Tu-154 con a bordo, tra i 92 passeggeri, 64 dei circa 400 membri del Coro dell'Armata Rossa? Il volo era diretto alla base militare di Khmeimim e il dubbio viene dunque spontaneo, se si pensa all’altro attentato che è appena costato la vita dell’ambasciatore russo in Turchia. “Escludo totalmente la tesi dell'attentato. L'aereo apparteneva al ministero della Difesa russo ed è precipitato nello spazio aereo russo. Una simile tesi è impossibile”, ha messo subito le mani avanti il capo del commissione Difesa del Senato russo, Viktor Ozerov, secondo cui l'incidente aereo potrebbe essere stato causato da un guasto tecnico o da un errore dell'equipaggio. Ciò però vuol dire che evidentemente l’idea è venuta anche a lui. D’altra parte il pilota Roman Volkov era esperto ed aveva più di 3000 ore di volo all’attivo, e secondo il vicepresidente della commissione parlamentare sulla politica economica Serghiei Kalachnikov i 33 anni di anzianità del velivolo non vogliono dire “che non funzionasse bene”. “Ci sarà un'inchiesta approfondita sulle ragioni della catastrofe, e faremo di tutto per fornire il nostro sostegno alle famiglie delle vittime”, ha detto Putin nel dichiarare il 26 dicembre giorno di lutto nazionale. A parte l’avaria, un’altra delle ipotesi avanzate dalle autorità russe è stata quella della collisione con uno stormo di uccelli.

“Pronto Radio Onda Rossa? Semo du’ compagni der Tufello e volemo sentì i Cori dell’Armata Rossa!”. Forse era addirittura inventata, la mitica telefonata tanto si parlava all’inizio degli anni ’80 come emblema del filo-sovietismo profondo della sinistra italiana: perfino in una componente che si diceva contestatrice, rispetto al “revisionismo” del Pci ufficiale è dell’Urss brezneviana. L’Unione Sovietica, però, passò. Il Coro dell’Armata Rossa, sia pure col nome di Complesso Accademico di Canto e Ballo dell'Esercito Russo “A.V. Aleksandrov”, era invece rimasto, e in clima putiniano aveva avuto anche un rilancio. Nel 1991 aveva addirittura partecipato a un concerto per celebrare la caduta del Muro di Berlino, nel 1993 aveva fatto due famosi concerti con la pop band finlandese Leningrad Cowboys a Helsinki e ancora a Berlino, nel 1994 era andata agli Mtv Video Music Awards, il 12 febbraio del 2013 aveva accompagnato Toto Cotugno al Festival di Sanremo in un’esecuzione dell’”Italiano”, pure nel 2013 aveva avuto molto successo una sua cover della canzone di Adele per il film di James Bond “Skyfall”. Pronto dunque anche a prestare la sua arte a esecuzioni collegabili a vecchie ideologie anti-sovietiche, per questo Natale il Coro si stava però recando in Siria a celebrare il successo del ritorno di potenza russo, esibendosi di fronte ai soldati impegnati in sostegno al regime di Bashar Assad.

“Il coro dell’Esercito Rosso visitò anche Londra, New York e Parigi, riscuotendo ovunque successi enorme. Sulle rive della Senna il primo ad applaudirlo fu lo Stato Maggiore francese al completo. Questa casta di idee conservatrici, ma di cultura raffinata, rendeva il dovuto omaggio all’Arte con la A maiuscola, non importa se emanazione di un regime avversario”. Così ricordava nella sua autobiografia Raffaele Offidani alias Spartacus Picenus: un militante autore di alcune delle canzoni più popolari tra i militanti del Pci togliattiano, i cui tesi erano in parte adattati alle melodie di canzoni italiani famose, e parte proprio alle grande melodie russe eseguite dal Coro, i cui dischi si faceva mandare regolarmente da Mosca. Il riferimento parigino era all’Expo del 1937, dove vince un Grand Prix che però in qualche modo testimonia di quella tipica contraddizione dell’Urss staliniana passata alla storia come zdanovismo: cioè di un regime politico che si proclamava rivoluzionario, ma che nel campo delle arti si atteneva agli stilemi più tradizionalisti. Per questo il Coro dell’Armata Rossa era un formidabile strumento di soft power soprattutto se rivolto a ambienti musicalmente conservatori: dai generali francesi, appunto, al pubblico di Sanremo.

Fondato nel 1928 da quell’Alexandre Alexandrov che allora era professore al conservatorio di Mosca e in seguito avrebbe scritto la musica dell’inno sovietico, lo scopo primario del gruppo era comunque quello di sostenere il morale dei soldati, in pace e soprattutto al fronte: dai campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale, fino appunto a quelli siriani. Una morte in qualche modo in prima linea.

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