Roberto Saviano (foto LaPresse)

Saviano, re dell'Epiro

Redazione

“Battaglia vinta”. Così a Repubblica festeggiano la condanna per plagio.

"Saviano: ‘Perseguitato per plagio: ho vinto la mia battaglia’”, titola Repubblica, e commenta: “Partita capovolta”. “Sembra finalmente arrivata alla fine la lunga causa giudiziaria tra Roberto Saviano e Libra editrice, con una sostanziale vittoria per lo scrittore”, dice l’Espresso. “Per anni ho subìto una vera e propria persecuzione – commenta Saviano – Sono fiero di poter restituire oggi alla memoria di Don Peppe Diana questa piccola, piccolissima vittoria”. Ma cos’ha vinto di preciso lo scrittore di ‘Gomorra’? Una condanna per plagio. La sentenza della Corte di appello di Napoli, alla fine di una lunga vicenda giudiziaria, dice che Saviano e la Mondadori (sua casa editrice dell’epoca) sono condannati al pagamento in favore della Libra editrice “della somma complessiva di 6 mila euro, a titolo di danni patrimoniali, per l’illecita riproduzione nei brani del libro ‘Gomorra’ di due articoli pubblicati dal quotidiano ‘Cronache di Napoli’, nonché per l’illecita riproduzione di un articolo pubblicato dal quotidiano ‘Corriere di Caserta’”.

 

 

Saviano ha copiato e questo ribadisce la sentenza. D’altronde il plagio era stato accertato in maniera definitiva dalla Corte di cassazione, che ha rispedito il processo in appello solo per ridefinire l’entità del risarcimento. E la Corte di appello ha semplicemente ridotto a 6 mila euro il risarcimento che era stato stabilito in circa 80 mila (di cui 20 mila di spese legali). Festeggiare per una condanna è eccessivo anche nell’epoca della post verità. Pirro, oltre duemila anni fa, aveva commentato un’impresa del genere in maniera più realistica: “Un’altra vittoria come questa e me ne torno in Epiro senza più nemmeno un soldato”.

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