Mélenchon è così popolare grazie a Sophia Chikirou

Paola Peduzzi

Quinoa, l’ologramma e gli studi per diventare indulgente. Chi è la “musa” di France insoumise

Jean-Luc Mélenchon parla poco della sua vita privata, dice che per i suoi famigliari è già abbastanza oneroso sostenere il peso del cognome che portano, evitar loro la notorietà è un atto d’amore, ma la storia dell’ultimo arrivato tra i presidenziabili di Francia, in questa corsa elettorale fatta di grandi follie e piccoli tradimenti, è scandita dalle donne. L’ex moglie, la figlia che milita nel suo stesso partito, la compagna che fa l’attrice e la produttrice e forse gli darà un figlio. Dicono che Mélenchon è il più femminista dei candidati all’Eliseo perché ebbe l’idea geniale, alle presidenziali del 2012, di citare tra le sue figure di riferimento Colette Audry, amica di Simone de Beauvoir e una delle animatrici del femminismo francese, che una volta gli aveva detto: “La devi smettere, dici soltanto scemenze”, e per lui quella veemenza costruttiva cambiò molte cose.

 

Non è un caso allora che una delle figure più importanti della campagna di Mélenchon sia Sophia Chikirou, considerata da molti la mente del riposizionamento d’immagine del candidato di France insoumise, che oggi ammette di essere meno iracondo di quanto sia mai stato nella sua lunga carriera politica. Trentasette anni, appassionata di letteratura, la Chikirou era nel Partito socialista già quando era ragazza, ha studiato a Sciences Po, ha scritto un libro sul suo amore per la République, per la laicità, per il femminismo (“Ma France laïque”) e per tutto il 2016 si è gettata nello studio di una materia attualissima: come si smantellano i partiti tradizionali dall’angolo sinistro del campo politico. Ha seguito da vicino l’ascesa di Podemos in Spagna e soprattutto ha passato qualche mese negli Stati Uniti per seguire quella di Bernie Sanders: queste esperienze non si sono poi trasformate in candidature di successo, ma la Chikirou ha conservato i suoi appunti, soprattutto per quel che riguarda la conquista del voto giovanile. Così ha iniziato ad arrotondare gli spigoli di Mélenchon, che sono leggendari (non c’è commentatore in Francia che non abbia un aneddoto da raccontare su Mélenchon furioso), convincendolo anche a fare operazioni-simpatia che davvero c’entravano poco con lui e che pure hanno contribuito a normalizzare la sua candidatura, portandolo ad annientare il Partito socialista – massima vendetta personale – e a insidiare anche il gollista François Fillon.

 

La Chikirou s’è inventata uno speciale sulla dieta alimentare di Mélenchon (meno carne, più gallette d’avena e molte insalate di quinoa) alla fine dello scorso anno, ma soprattutto ha escogitato l’idea dell’ologramma che fa un po’ da spartiacque nel racconto elettorale di Mélenchon: il 5 febbraio scorso, Mélenchon s’è sdoppiato, comparendo in carne e ossa a un comizio a Lione e allo stesso tempo con un ologramma nella banlieue parigina. Da quel momento la Chikirou è diventata la “musa” di France insoumise, espertissima com’è di social media e di comunicazione sulla rete, avendo come motto: “I media sono i cani da guardia del sistema, quindi li evitiamo”. Mentre molti ridevano di quella trovata dell’ologramma pro ubiquità (era in effetti parecchio inquietante), il pubblico iniziava ad appassionarsi dell’outsider sessantacinquenne, diventato il mattatore di YouTube. Il Point dice che se Mélenchon è riuscito a costruire una propria versione “seducente e geek” il merito è di questa ragazza che non ha ambizioni da guru, non ha manie da stratega, è sempre con il suo smartphone in mano, ed “è il suo braccio destro, con il quale vive in osmosi”. Non s’è mai fermata dal giorno dell’ologramma e dice che se poi l’avventura mélanchonista finirà lei tornerà a scrivere il suo libro su Stefan Zweig, che oggi è tornato di gran moda in Europa (tutti rileggono il bellissimo “Il mondo di ieri”) ma che la Chikirou studia da quando era all’università: “Non condivido niente con lui – dice – E’ il mio opposto, ma questo autore mi ha reso più umana, mi ha reso più indulgente”. Un po’ meno ribelle, ma non troppo, come Mélenchon.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi