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Rinnovare l'identità per vivere il presente. Il nuovo corso dei cappuccini

Matteo Matzuzzi

“Andare oltre la povertà delle forme”: sacro e profano insieme per rispondere ai mutamenti della società odierna

Roma. Rinnovamento è una parola delicata, soprattutto se a rinnovarsi deve essere qualcosa che ha a che fare con la chiesa. Un secolo e poco più fa, chi l’avesse pronunciata avrebbe goduto suo malgrado di attenzioni particolari da parte della Sede apostolica, ché il sospetto di modernismo era assai diffuso. Poi c’è stato il Concilio che ha di fatto reso routinario il già noto motto Ecclesia sempre reformanda. E allora rinnovamento è divenuto termine abituale, fino a essere ormai una necessità. I cappuccini, glorioso ordine nato con un ideale altissimo di povertà ispirato alla fuga mundi e dedito a una “vita disperata”, attraversano questa fase di cambiamento. Una riflessione elaborata, lunga, complessa. Soprattutto delicata. Si tratta di trovare un metodo capace di rinnovare l’identità dell’ordine, perché l’identità non si può sclerotizzare, irrigidire, costringendola in abiti troppo stretti. E’ tempo di adeguarsi all’oggi, come peraltro tante volte in passato hanno fatto. Il che non significa però farsi assorbire dallo Zeitgeist, lo spirito del tempo che spesso comporta derive non sempre in sintonia con la natura stessa dell’ordine chiamato ad “andare oltre”. Oggi di rinnovamento si può dunque parlare, perfino di riforma. Parola cinquecento anni fa tabù, perché nello sconvolgimento post-luterano, i religiosi cattolici non avevano alcun bisogno di riformarsi, se non seguendo i dettami del Concilio tridentino.

 

E’ un dibattito attuale, frequente in quegli ordini e congregazioni che vedono calare, giorno dopo giorno, i propri membri, con le case e gli antichi monasteri messi in vendita, chiusi per mancanza di personale. Con l’immenso patrimonio artistico sovente messo all’asta, musealizzato e quindi spogliato d’ogni valore sacro e meramente spirituale. Non tutti cercano una via alternativa, il più delle volte ci si trova dinnanzi a una resistenza integerrima a difesa del fortino ormai sguarnito. La scorsa settimana si è tenuta Roma, presso il Convento dei Cappuccini di via Veneto, una Giornata di studio sul patrimonio culturale dell’ordine dei frati minori cappuccini. “Andare oltre la povertà delle forme” era il titolo. “Si può andare più in là, ma di che cosa?”, si sono domandati in apertura dei lavori i due moderatori, Laura Gigli (presidente della fondazione Temptel) e l’architetto Giuseppe Simonetta. “L’andare oltre è possibile solo in questo sistema quaternario al cui interno siamo stati strutturati. Oltre questo sistema, in cui coesistono l’aspetto materiale e quello spirituale che informano la natura e l’uomo e dove solo può esistere la forma, vale a dire la luce che configura la materia tramite il pensiero creatore della Divinità e quello ricreatore dell’Uomo, non si può andare”. Alla base di tutto vi è la considerazione che “la realtà culturale è un sistema che pulsa di vita ed è ricca di significati che riflettono, di generazione in generazione, il cambiamento delle percezioni iniziali tra Uomo, Natura, Dio. Ciò che si modifica è l’articolazione di questa percezione e il grado di emotività della risposta radicata nella nostra sensibilità”.

 

E allora “può capitare che a un collasso della struttura spirituale, intesa come insieme di valori trascendenti di riferimento, corrisponda un collasso della struttura sociale. La spiritualità, perciò, ha bisogno di rappresentarsi in altre forme di espressione configurandosi in nuovi atteggiamenti culturali per assicurare la propria esistenza di base, dove la tradizione non consiste in una trasmissione di regole fissate una volta per tutte, ma in un fattore di conservazione dipendente da ogni individuo che lascia la sua impronta creativa nella realtà in cui vive e agisce”. L’evento nasce dall’incontro tra la famiglia cappuccina e la fondazione culturale Temptel, che ha come scopo statutario quello di promuovere la salute della cultura a beneficio della società civile, ispirandosi al modello umanistico formalizzato nella cultura romana. Padre Gianluca Crudo, promotore della Giornata di studio, spiega che “la crisi delle vocazioni occidentali ha aperto le porte ai nuovi cappuccini che vengono dall’India, dall’Africa, dall’America latina, ed è con loro che ogni giorno constatiamo quanto sia difficile amalgamare i diversi saperi con l’umanesimo della cultura mediterranea, italiana in particolare”.

 

Torna il tema dell’identità, dunque, che è centrale. “La ricerca dell’identità è il programma che la Temptel prosegue, in questo come in altri progetti. L’occidente, che ha diffuso la sua peculiare idea di cultura nel mondo contribuendo alla sua formazione, fa fatica a dialogare, come oggi è richiesto, con le differenti culture”, dice Laura Gigli. E’ un incontro tra il sacro e il laico, “una immissione di laicità”, per usare le parole del professor Simonetta. “La cultura tutela di per sé la propria essenza, il proprio bene spirituale. La sua memoria è conservata dalle forme simboliche della cultura materiale –  quali l’architettura, l’arte in genere, la letteratura, le consuetudini popolari – e di quella immateriale. Entrambe stimolano continuamente la memoria individuale arricchendola e rendendola partecipe della crescita della comunità, che trova la sua identità quando istituzionalizza differenze e somiglianze, esistenti in sincrono nel suo seno. In tal modo – hanno proseguito i due moderatori prima di dare il via alla successione degli interventi – si attua ciò che noi chiamiamo umanesimo, il cui scopo è di riportare quanto di più antico abbiamo appreso nell’attualità dell’esserci per poterlo vivere ancora una volta, ma in modo diverso”. Si comprende allora meglio il titolo del convegno; titolo che “esprime la sintesi fra la cultura che l’ordine dei frati minori cappuccini ha formalizzato nel passato attraverso la povertà delle forme e l’esigenza della sua innovazione al presente mediante l’andare oltre”. E soprattutto diventa chiaro che l’umanesimo qui inteso è quello laico, puro, che però può facilmente entrare in contatto con il suo significato religioso, sulla “coltivazione dell’uomo” ispirata alla cultura evangelica.

 

Il progetto è ampio, la Giornata di studio è stata un primo passo che porterà all’istituzione di un gruppo di ricerca finalizzato alla creazione di un master in Conservazione e restauro presso l’Università Link Campus di Roma, in grado di coniugare l’idealità della progettazione con la praticità della realizzazione attraverso il restauro di un convento scelto tra i tanti che annovera il patrimonio cappuccino.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.