La messa di Papa Francesco al porto di Cartagena (foto LaPresse)

La bordata ad alta quota di Francesco stavolta è per il "pro life Trump"

Matteo Matzuzzi

Il Papa tra navi alla ricerca del ghiaccio, migranti e Venezuela

Roma. Niente pugni né conigli. La bordata ad alta quota, stavolta, Papa Francesco l’ha riservata al presidente Donald Trump, reo d’aver messo fine al sistema di tutele per i clandestini entrati negli Stati Uniti quando erano minorenni. “Si presenta come un pro life. Se è un bravo pro life, capisce l’importanza della famiglia e della vita: va difesa l’unità della famiglia”, ha detto Bergoglio nella consueta conferenza stampa con i giornalisti a bordo dell’aereo che lo riportava a Roma dopo i cinque giorni trascorsi in Colombia, aggiungendo che “quando i giovani si sentono sfruttati, alla fine, si sentono senza speranza”. Quindi la chiosa, peraltro già ribadita in altra sede, e cioè che la speranza viene rubata dalla “droga, le altre dipendenze, il suicidio a cui si può arrivare quando si viene staccati dalle proprie radici”.

     

Francesco parla di immigrazione, esprime gratitudine per l’Italia e la Grecia perché “hanno aperto il cuore ai migranti” e “accoglierli è un comandamento di Dio”. Il Papa però sottolinea – l’aveva già fatto tornando da Lund, lo scorso novembre – che “un governo deve gestire questo problema con la virtù della prudenza” e che all’accoglienza poi deve seguire l’integrazione. Usa parole forti, ripete che c’è un problema umanitario e che ci sono “questi lager” in cui sono reclusi in condizioni misere i migranti. “Ho visto delle foto”, ha osservato il Pontefice. Ma poi la più stretta attualità si è imposta nella conversazione, e tra gli impetuosi venti dell’uragano Irma e le devastazioni livornesi, Francesco ha detto la sua sul fronte dei cambiamenti climatici, biasimando quanti negano che l’innalzamento delle acque, lo scioglimento di qualche iceberg e le sofferenze degli orsi polari per il troppo caldo siano conseguenza dei cattivi comportamenti dell’uomo. “Chi nega questo deve chiederlo agli scienziati: loro parlano chiarissimo, sono precisi. L’altro giorno – ha detto il Papa – è uscita la notizia di quella nave russa che è andata dalla Norvegia al Giappone e ha attraversato il Polo Nord senza trovare ghiaccio. Da contrario, ci saranno conseguenze terribili. Io non so se i tre anni sono veri o no, ma se non torniamo indietro, cadiamo giù!”. Quanto all’alluvione che ha colpito la Toscana, il fatto è che “l’uomo è uno stupido, un testardo che non vede”, ha detto Francesco, parlando di “superbia, sufficienza” e ça va sans dire, del “dio tasca”.

  

“Tante decisioni dipendono dai soldi”, ha osservato, portando a esempio Cartagena, la città ultima tappa del viaggio in Colombia: “Ho cominciato visitando una parte povera della città. Dall’altra c’è la parte turistica, il lusso, e un lusso senza misure morali. Gli analisti sociopolitici non se ne rendono conto?”, s’è chiesto il Papa. Infine, la situazione in Venezuela. Più volte alla Santa Sede è stato rimproverato un eccessivo silenzio sulla crisi umanitaria, e questo nonostante l’impegno sottotraccia della Segreteria di stato. “Credo che la Santa Sede abbia parlato in modo forte e chiaro. Quello che dice Maduro, lo spieghi lui. Io non so cosa ha in mente. La Santa Sede ha fatto tanto, ha inviato quel gruppo di lavoro composto dai quattro ex presidenti, un nunzio di primo livello; ha parlato con le persone e pubblicamente. Io tante volte all’Angelus ho parlato cercando sempre un’uscita, offrendo aiuto per uscire da questa situazione, ma sembra che la cosa sia molto difficile”. Come risolvere la crisi? Coinvolgendo l’Onu, “le Nazioni Unite devono farsi sentire”, ha chiosato Francesco.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.