Papa Francesco (foto LaPresse)

S'inceppa il riformismo vaticano

Redazione

Déjà-vu: le finanze fanno penare il Papa. Ancora dimissioni improvvise

Non hanno pace le finanze vaticane. Quando passa la tempesta, vuoi che sia Vatileaks 1 o Vatileaks 2, ecco che si torna puntualmente al punto di partenza. Con dimissioni “strane”, cambiamenti improvvisi e l’idea che quella grossa macchina che qualche eminentissimo voleva svuotare e quasi cancellare, sia davvero irriformabile anche per la tempra risoluta del Papa che poco amava venire a respirare l’aria curiale romana quando stava dall’altra parte del mondo. Stavolta la sorpresa si chiama Libero Milone, da due anni revisore generale. Non proprio un officiale di quarto o quinto rango. Un sintentico comunicato diffuso martedì pomeriggio informava dell’accoglimento delle sue dimissioni, quando alla scadenza del mandato mancavano ancora tre anni (su cinque).

 

Gli immancabili spifferi d’oltretevere raccontano di sorprese che sorprese non sono, che tutto era prevedibile e che è questione di mancata sintonia tra le tante (troppe?) parti in causa in merito alle economie della Santa Sede. La faccenda è nota, la santa guerra tra la Segreteria per l’economia dell’australiano Pell e la Segreteria di stato va avanti da anni, e non è bastata la continua creazione di commissioni e comitati ad hoc, in qualche caso affollate da personalità che si sono rivelate quantomeno fuori luogo (vedansi i processi e i chiacchiericci) per allontanare corvi e sussurri. Riforme che fino a oggi sembrano più che altro un discreto maquillage: la pulizia invocata ridotta a triste trasferimento di polvere sotto al tappeto.

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