Beppe Grillo (foto LaPresse)

E' la chiesa che insegue Grillo, o viceversa? Fotografia scattata dalle "radici"

Maurizio Crippa

Si può provare a scattare una fotografia del “mondo cattolico” e domandarsi: che cosa può trovare di interessante, in Grillo? E perché? Il 2008, lo smarrimento, Bergoglio. Come la vede Mauro Magatti

Milano. E’ la chiesa italiana (francescana?) che insegue Beppe Grillo, o è Beppe Grillo che corteggia la chiesa? La domanda è attualmente e per forza di cose senza risposta (due indizi, le interviste parallele di Grillo ad Avvenire e del direttore di Avvenire sul M5s, non fanno una prova). Ma un modo per iniziare a capirci qualcosa, in via provvisoria, è provare a farsi un’altra domanda, più in profondita. Si può provare a scattare una fotografia del “mondo cattolico” e domandarsi: che cosa può trovare di interessante, in Grillo? E perché?

 

Bisogna partire dalla fotografia. La scatta per il Foglio Mauro Magatti, ordinario di Sociologia alla Cattolica di Milano e intellettuale attivo in molte reti, formali e informali, del cattolicesimo italiano. Inizia a mettere a fuoco: “In realtà il ‘mondo cattolico’ è un’identità sociologicamente e anche ecclesialmente rarefatta, instabile, e di certo da molto tempo non più organizzabile in termini politici o elettorali. Dobbiamo farcene un’idea diversa, come di un ‘fondo’, vicino alle radici, della società italiana. Ecco, ‘radice’ rende il concetto molto più di ‘mondo cattolico’. L’Italia è un paese in cui la ‘radice’ cattolica è forse ancora maggioritaria, sociologicamente – anche se non come partecipazione ecclesiale – e quando questa radice riesce a esprimere una prospettiva, a indicare una strada comune, anche il paese sta bene. Quando invece non lo sa fare, lo sbandamento è di tutti”. E in questa fase, diciamo, la radice è un po’ troppo sotto terra e l’Italia sbanda, o no? “Partiamo dal dato di un momento che è di crisi. Renzi, per la sua storia e per la sua proposta, è stato il tentativo di incarnare questa radice profonda, positiva, dell’Italia. Il paese cercava se stesso, cercava un baricentro, pensava di poterlo trovare in lui. Poi forse lui non è stato all’altezza dell’incontro, e certo il paese-radice non è stato all’altezza di se stesso”. E così, adesso, potrebbe esserci lo zoccolo duro del paese, addirittura l’ex elettorato cattolico, pronto a guardare a Beppe Grillo. Com’è possibile? “Se perdi il baricentro, prevale il malumore. Questo è un dato. I ceti sociali che più comunemente identifichiamo come ‘cattolici’ – non le élite, ma le famiglie, i redditi dipendenti – sentono lo smarrimento. L’elemento della delusione è importante”. E’ quel paese “sofferente” che adesso il Pd punta a riscoprire, e che invece alimenta l’antipolitica. Cosa rappresenta Grillo per questi ceti sociali tradizionalmente moderati? “Rappresenta il ‘change’, anche se in modi diversi da quanto o abbia fatto Trump o lo faccia la Le Pen. Ma di certo, in Italia lo sa fare meglio di Salvini. La gente dice: se non ha funzionato il resto, allora tutti a casa e proviamo con questi”.

Al dì là delle speculazioni che si possono fare sulla doppia mossa di Avvenire, c’è chi sostiene che in questa strategia dell’attenzione tra chiesa e Movimento cinque stelle ci sia un influsso dello stile Bergoglio, e ancor più della sua visione anti élite, antimercatista, populista. E’ così? “Va detto che la chiesa non è mai stata molto amante dei cambiamenti in politica. Ma è probabile che un po’ di effetto Francesco ci sia. Bergoglio sottolinea ad ogni livello, ecclesiale e sociale, la necessità del cambiamento, anche con modi energici: questo, quantomeno, rende meno impermeabile la chiesa all’idea che bisogna cambiare, provare”. Un’aria un po’ da liberi tutti? “In parte sì, rispetto al passato. Ma non tanto o solo a livello politico – dove del resto la fluidità della compagine ecclesiale è un dato di fatto da decenni. E’ il tempo presente che lo impone. C’è stata l’epoca della Dc, poi quella di Ruini in cui l’allineamento era su una serie di valori da difendere. Ora Francesco corrisponde a un momento storico in cui è cambiato tutto, il post 2008 ha cambiato la percezione di tutte le società. E la politica non ha dato risposte. E’ cambiato tutto, ma nessuno se ne accorge, se non appunto Bergoglio. E, paradossalmente, e con risposte discutibili, i populisti”. La gerarchia, e i normali cattolici dei parrocchia, non avvertono come minaccioso un fenomeno come il M5s? Che cosa ci vedono? “Minaccioso è innanzitutto il tempo. E bisogna prenderne atto. Occorrerebbe che quelle radici profonde di cui dicevamo sapessero offrire risposte all’altezza dei tempi. Ma al momento non è così, siamo ancora in una fase di metamorfosi”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"