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“La sicurezza non basta”. Educazione e cultura per opporsi al jihad, dice Scola

Matteo Matzuzzi

Le parole dell’arcivescovo di Milano a Natale dopo l’attentato di Berlino: “Abbiamo svenduto le nostre convinzioni e ora la minaccia è globale”. La testimonianza dei cristiani di Aleppo

Roma. La strage al mercatino di Natale di Berlino, con i suoi dodici morti, è recente e il Papa nel messaggio che ha preceduto la benedizione solenne Urbi et Orbi, alla città e al mondo, ha invocato “la pace a chi è stato ferito o ha perso una persona cara a causa di efferati atti di terrorismo, che hanno seminato paura e morte nel cuore di tanti paesi e città”. Nella messa del giorno di Natale, a Milano, il cardinale Angelo Scola ha riflettuto su quale “posizione assumere, come cristiani, di fronte a questa minaccia che incide profondamente nelle nostre vite”. Innanzitutto, vi è la paura, cioè “la prima istintiva reazione che è appunto lo scopo del terrorismo”. Subito dopo, ecco palesarsi la richiesta di più sicurezza, la blindatura delle strade e delle piazze, i controlli capillari ovunque. Domanda legittima, “ma la sicurezza non è tutto”, ha detto Scola, perché “per quanto sofisticati siano i sistemi di difesa, ci sarà sempre una falla, il tallone d’Achille”. Serve altro, e cioè “l’educazione, la cultura” e soprattutto “la testimonianza”.

Testimonianza che s’è vista ad Aleppo, con le chiese piene di fedeli lì convenuti per celebrare e festeggiare il Natale, il primo da quando la seconda città siriana – “teatro nelle ultime settimane di una delle battaglie più atroci”, ha detto il Papa all’Urbi et Orbi – è stata dichiarata sicura (nonostante gli attentati continuino a mietere vittime nella parte est) e le campane hanno suonato a distesa come non accadeva da quattro anni. “Occorre – ha osservato l’arcivescovo di Milano – contestare l’ideologia jihadista, ponendosi e opponendosi a essa”.

Come tradurre ciò in pratica, Scola l’ha spiegato poco dopo: “Come cristiani il nostro modo di porsi è innanzitutto annunciare Gesù Cristo, con più vigore e meno complessi. Gesù non ha aspettato che le condizioni oggettive del suo tempo migliorassero, ma ha generato un soggetto nuovo nella storia”. E nel “nostro porsi c’è già l’opporsi”, che è un opporsi “a ogni violenza nel nome di Dio” e “al sistema economico che fa sì che, come paesi occidentali, chiudiamo gli occhi di fronte ai paesi che fomentano il discorso estremista, nella speranza che si tratti – appunto – soltanto di un discorso”. Errore capitale: “No, non sono solo parole, sono fatti. E morti, la maggior parte dei quali fuori dall’Europa”. Il punto è che, ha sottolineato Scola, “troppo tempo abbiamo già perso svendendo le nostre convinzioni, la libertà religiosa in primis, per il nostro, moderno, piatto di lenticchie. E ora la minaccia è globale”. Proprio in questa duplice presa di posizione, ha chiosato il cardinale, “sta il contributo più vero che possiamo offrire ai nostri fratelli musulmani che, nella larghissima maggioranza, guardano sgomenti quanto sta avvenendo”, anche se “stentano ad articolare un’alternativa chiara, scaricando troppo spesso le responsabilità soltanto sulle condizioni, pure oggettive, di ingiustizia economica e sociale”.

 


Il cardinale Angelo Scola (foto LaPresse)


 

Temi già toccati nell’omelia pronunciata durante la messa della notte, quando un accento, in particolare, è stato posto sulla “libertà”, “una delle parole chiave del nostro tempo”. Si tratta, ha detto Scola, di “un bene molto prezioso, ma paradossalmente tanto più rivendicato, quanto più offeso e tradito”. Basti pensare “alla guerra e al terrorismo, all’incapacità di un progetto globale ed equilibrato di accoglienza di chi bussa ai confini delle nostre terre europee, pensiamo alla libertà religiosa o a quella di educazione”. E, infine, “pensiamo alla confusa e contraddittoria lotta per i cosiddetti nuovi diritti”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.