Bassam Tibi

In pochi anni siamo passati dall'islam europeo all'Europa islamizzata

Matteo Matzuzzi
La denuncia dell’islamologo Bassam Tibi

Roma. Bassam Tibi, docente emerito di Relazioni internazionali all’Università di Gottinga e per un ventennio attivo a Harvard, è tra i più eminenti islamologi contemporanei. Fu lui, anni fa, a sviluppare la teoria dell’euroislam, cioè dell’assoluta praticabilità dell’idea di creare un islam dal volto europeo come freno all’islamizzazione dell’Europa. Bastava, sosteneva Tibi, separare religione e politica e ammantare di valori presi dall’Illuminismo le dottrine e le pratiche musulmane proprie delle comunità che sceglievano di stabilirsi nel Vecchio continente. Più che altro, aggiungeva, serviva copiare l’idea di tolleranza propria degli europei, ben diversa da “quello che i musulmani considerano per tolleranza, e cioè ritenere gli ebrei e i cristiani subordinati”. Qualche mese fa, con un articolo pubblicato sull’autorevole rivista tedesca Cicero, l’islamologo aveva ammesso la propria sconfitta, “la fine della mia speranza di una europeizzazione dell’islam”. Oggi, in una riflessione che trova spazio sul quotidiano Basler Zeitung, Bassam Tibi (che è musulmano) demolisce le fondamenta stesse della sua teoria, parlando di ormai assodata “islamizzazione dell’Europa” e perfino di “una guerra di religione” finalizzata alla “conquista” dell’occidente, seppur con le armi del denaro e dell’influenza politica straniera.

 

Il dito dell’intellettuale è puntato sulle associazioni islamiche che controllano le moschee e i centri culturali, organismi che “mantengono una visione antisecolare e antieuropea”. Il pericolo maggiore, nota, è che “l’Arabia Saudita wahabita e la Turchia islamista stanno lavorando a stretto contatto in Europa, nonostante l’islamismo e il wahabismo siano due direttrici ben diverse all’interno della realtà islamica”. I responsabili della deriva fondamentalista sono “i funzionari” che controllano questi centri, “che di solito non sono teologi e che accusano gli europei di islamofobia. Indubbiamente – osserva – vi è una islamofobia in Europa, che è necessario combattere, ma questi funzionari utilizzano il concetto di islamofobia in chiave politica, chiedendo maggiori diritti per l’islam organizzato. Per fare ciò, mobilitano istituti europei di ricerca, pagandoli molto bene. Questi istituti hanno il compito di dimostrare che vi è islamofobia in Europa”. Da qui, sostiene, “parte una guerra ideologica contro l’Europa”. Il metodo di lavoro è sempre il medesimo: “Mentre a parole questi funzionari parlano di islam moderato, praticano l’inganno per coprire il loro intento islamista. Il fine è di impedire l’integrazione degli immigrati musulmani, di farli diventare cittadini, insistendo che essi sono membri di una umma islamica collettiva”. La conseguenza è che si creano ovunque delle enclave e ogni critica diventa subito islamofobia. “E’ un dato di fatto, così come è un dato di fatto che la maggior parte delle moschee in Svizzera e Germania sono finanziate e controllate dall’Arabia Saudita e dalla Turchia”. Il grande obiettivo di tali associazioni islamiche “è la graduale islamizzazione dell’Europa, stavolta praticata in modo pacifico, cioè senza un jihad”.

 

Che cosa intenda per “islamizzazione”, Tibi lo spiega poco dopo: “Vogliono che il Dar al islam, la casa dell’islam, si diffonda su tutta la terra e anche gli esponenti della teologia islamica più moderata sottolineano che la superiorità dell’islam è una caratteristica essenziale della loro religione. Una convinzione, però, che non è compatibile né con la cultura né con il pluralismo religioso della società occidentale”. Si sta realizzando, insomma, quel che la Lega musulmana mondiale aveva scritto in un documento datato 28 luglio 1993, in cui aveva promosso “una nuova strategia per la chiamata all’islam che include l’apertura di centri islamici in Europa per preparare l’applicazione della sharia come guida nella vita dei musulmani”. A giudizio del docente siriano, vi sono due modi con cui l’islamizzazione dell’Europa avanzerà, che nulla hanno a che vedere con i gesti eclatanti. Il primo sarà “una guerra di propaganda”, vale a dire “la rappresentazione dei musulmani come vittime dell’occidente e insinuando in modo sistematico che essi sono vittime di islamofobia”. Il secondo è “lo strumento del dialogo islamo-cristiano”, che per come è imbastito è fondato “sull’inganno”. E questo perché “un dialogo onesto richiede un modo di pensare moderno che ha a che fare con il pluralismo religioso in cui tutte le religioni sono considerate equivalenti. Ma gli imam delle moschee controllate dai turchi e dai sauditi predicano il versetto 19 del Corano, secondo cui ‘la religione presso Dio è l’islam’. Il che significa educare i musulmani europei in uno spirito di esclusione, verso un’islamizzazione della realtà”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.