Papa Francesco e Papa Ratzinger (foto LaPresse)

Economia e finanza, ecco perché Francesco è lontano anni luce da Benedetto XVI

Michele Silenzi
In Caritas in Veritate, anche Benedetto XVI condanna le storture e le devianze che talvolta appartengono alla nostra economia. Ma allo stesso tempo riconosce nel mercato una struttura che ha permesso di aprire maggiori possibilità ai paesi sottosviluppati, di far cadere le frontiere e di essere motore di una pacificazione sempre maggiore.

L’enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, promulgata nel 2009 nel pieno della tempesta finanziaria, in cui l’analisi del ruolo dell’economia nel mondo è centrale, andrebbe riletta oggi alla luce del costante attacco portato da Papa Francesco nei confronti di tutto quello che può essere riconosciuto come un sistema capitalista e liberale. Nelle sue ultime dichiarazioni, il Papa ha paragonato il nostro modello economico al terrorismo, anzi, lo ha definito “il primo terrorismo” perché genererebbe le condizioni di disagio da cui poi si propaga il terrorismo armato (mai definito per quello che è, ovvero di matrice islamista). In Caritas in Veritate non c’è un’esaltazione del mercato o della concorrenza, siamo sempre all’interno della dottrina sociale della chiesa. Inoltre ci sono aspetti dell’enciclica che non farebbero felice un liberale, in particolare l’auspicato rafforzamento dello Stato come organo di giustizia sociale e redistributiva.

 

Ma, come tutta l’opera di Benedetto XVI, anche questa enciclica è rivolta al modo in cui la fede e l’esperienza cristiana devono confrontarsi con una ragione che abita e si confronta con la realtà del mondo contemporaneo. In Caritas in Veritate si leggono dei giudizi lontani dalle dichiarazioni di Francesco. Ad esempio, quando Benedetto XVI parla del processo di globalizzazione, scrive “nato dentro i Paesi economicamente sviluppati, questo processo per sua natura ha prodotto un coinvolgimento di tutte le economie. Esso è stato il principale motore per l’uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappresenta di per sé una grande opportunità”. E ancora, riguardo allo sviluppo economico, “È vero che lo sviluppo c’è stato e continua ad essere un fattore positivo che ha tolto dalla miseria miliardi di persone e, ultimamente, ha dato a molti Paesi la possibilità di diventare attori efficaci della politica internazionale”.

 

Un discorso simile vale per il mercato, che non è visto soltanto come il ricettacolo dei peggiori istinti umani in cui si compie lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, come dà a intendere Papa Francesco, e in cui il denaro è lo sterco del demonio. In Caritas in Veritate, anche Benedetto XVI condanna le storture e le devianze che talvolta appartengono alla nostra economia. Ma allo stesso tempo riconosce nel mercato una struttura che ha permesso di aprire maggiori possibilità ai paesi sottosviluppati, di far cadere le frontiere e di essere motore di una pacificazione sempre maggiore grazie alla sua capacità di unire e di far incontrare le diversità. Scrive Joseph Ratzinger che “il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri. La società non deve proteggersi dal mercato, come se lo sviluppo di quest’ultimo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani”.