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Roma come Firenze

Marianna Rizzini

Prof, Pd, grillini unanimi contro il panino selvaggio e le friggitorie, in nome del “patrimonio” Unesco

Succede che gli intellettuali di stanza a Roma, capeggiati dal professor Alberto Asor Rosa, dopo aver suonato l’allarme per lo sbarco di un McDonald’s a Borgo Pio, decidano di scrivere alla sindaca Virginia Raggi e all’Unesco una lettera per invitare le istituzioni alla vigilanza ed “evitare che il centro storico, Patrimonio dell’Umanità, venga ulteriormente vilipeso e danneggiato”. I nemici da combattere – dicono, tra gli altri (con Asor Rosa), Vittorio Emiliani, Salvatore Settis, l’ex soprintendente Adriano la Regina, l’urbanista Vezio De Lucia e l’associazione Italia Nostra – sono i negozi di souvenir, le pizzerie a taglio, i rivenditori di fritti e spumante, i mini-market aperti tutta la notte. Tutto commercio “a basso livello” che minaccia le vie “di questa città imbruttita, ferita, involgarita, sporcata, precipitata verso una condizione di degrado senza speranza”. L’appello anti panino selvaggio diventa accorato quando tira fuori i numeri: “…negli ultimi anni, i locali di mescita e di ristoro sono balzati da 1400 a quattromila, in una situazione di confusione che nasconde anche i locali di riciclaggio di denaro di provenienza criminale”. Facciamo come a Firenze, scrivono prof. e residenti (vietare friggitorie, minimarket e negozi di souvenir nel centro storico dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità).

E vallo a dire agli “urtisti”, gli ambulanti specializzati in vendita souvenir davanti ai monumenti e ai camion bar che due giorni fa hanno bloccato il Lungotevere. Intanto l’appello è stato raccolto, in Consiglio comunale, dal Pd all’opposizione. Il consigliere Orlando Corsetti ha così presentato la proposta di tutela del centro storico: “…La delibera che abbiamo proposto vieta di aprire nuove attività di tipo alimentare e di vendita di souvenir in comparti storici saturi oltre ogni limite…”. Fermiamo la “trasformazione della città antica in un ‘divertimentificio’ continuo”, dice Corsetti, “concordiamo e facciamo nostro l’appello degli intellettuali alla Sindaca e all’Unesco a vigilare affinché il centro storico ‘più vasto e bello del mondo ’ non sia definitivamente sommerso da una miriade di vinerie, birrerie, pizzerie, gelaterie, friggitorie e souvenir e altro ancora. Di fatto queste attività nel giro di un lustro si sono più che triplicate con la contemporanea e progressiva scomparsa di negozi storici, librerie, antiquari, restauratori e altri artigiani…”. L’allarme è trasversale (le soluzioni adottate non si sa).

E ieri, sul Corriere della Sera, l’assessore al Turismo della Giunta Raggi Adriano Meloni scriveva “…abbiamo assistito in questi anni a una deregulation selvaggia, colpevole dell’esplosione di ‘microscopici esercizi fluorescenti’, con frutta finta e bibite low cost…l’accorato appello degli intellettuali non deve cadere nel vuoto. Ho aperto un canale con le associazioni, gli operatori e i cittadini. Serve un processo di partecipazione più ampio e che la cittadinanza sia più coinvolta nel processo decisionale. …riconfermeremo l’ordinanza che vieta i camion bar nel centro…”. E chissà come la prenderanno gli ambulanti che avevano riposto speranze nei Cinque Stelle che, in Parlamento, un paio di mesi fa, si erano spesi per chiedere al Governo di escludere la categoria dei commercianti ambulanti dalla Bolkestein, la direttiva europea che prevede per i Paesi membri la messa a bando delle concessioni su suolo pubblico entro maggio 2017. “Siamo in costante contatto con il Campidoglio sulla questione, anche Roma come altre regioni e comuni italiani chiederà a Palazzo Chigi di salvare piccole e medie imprese dalla normativa”, avevano detto i deputati di M5s Laura Castelli, Francesco Cariello e Ivan Della Valle.

E, alla presenza degli ambulanti, si era parlato di non “escludere le piccole imprese che hanno fatto tanti sacrifici per avere una licenza”, e di “non affossare realtà che in Italia rappresentano la spina dorsale dell’economia dei territori, avvantaggiando di fatto solo le società di grandi capitali…”. Oggi però, a Roma, la priorità, scrive Meloni, è “rafforzare i controlli e i piani” che “prevedono un’intensificazione del contrasto all’abusivismo…”. La riapertura del cinema Alcazar. Ha chiuso poco meno di un anno fa, l’Alcazar, storica sala trasteverina dalle poltroncine rosse, ampia galleria (rifugio dei fumatori prima del divieto di fumo) e aria fané. La notizia è apparsa ieri sul Corriere della Sera: il giovane imprenditore e musicista Luca Carinci ha venduto il bar dove lavorava per finanziare la riapertura, l’affitto e la ristrutturazione della sala. Alla chiusura si era mobilitata, tra gli altri, la regista Liliana Cavani, al grido di “l’Alcazar è vittima dell’inconsistenza della nostra politica riguardo il cinema…”. E oggi non si sentito ancora nessuno trasecolare all’idea dell’intervento del privato (al posto del pubblico). 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.