Massimo Ciancimino (foto LaPresse)

Perché Ciancimino è irrinunciabile per gli inventori della famosa trattativa

Nella sua condanna per il reato di calunnia pronunciata ieri a Caltanissetta c’è un dettaglio che dice molto

Nella condanna di Massimo Ciancimino per il reato di calunnia, ai danni di Gianni De Gennaro e Lorenzo Narracci, pronunciata ieri a Caltanissetta c’è un dettaglio che dice molto. Il pubblico ministero aveva chiesto una pena di 5 anni e 9 mesi che il giudice ha, diciamo così, arrotondato a 6 anni. Quei tre mesi in più rispetto alla richiesta dell’accusa suggeriscono l’idea che le motivazioni saranno, se possibile, un ulteriore passo nella demolizione dell’attendibilità del “super teste” su cui si regge in gran parte il processo sulla cosiddetta trattativa. Ciancimino jr. ha ormai collezionato un album Panini di condanne e procedimenti pendenti per i reati più vari, dalla detenzione di candelotti di dinamite al riciclaggio, passando naturalmente dalla falsa testimonianza. L’aspetto più singolare, e indicativo, è che, nella maggior parte dei casi, queste vicende giudiziarie, concluse o ancora in corso, rimandano a un periodo nel quale Ciancimino aveva già iniziato la sua collaborazione, se così si può dire, con la giustizia e la sua carriera di “icona dell’antimafia”, tuttora osannata da sconsiderati sventolatori di agende rosse guidati dal fratello del giudice Borsellino. La questione vera è che l’apporto di un personaggio simile è, in mancanza d’altro, comunque irrinunciabile per gli inventori della famosa trattativa. Prova ne sia il fatto che pochi giorni fa il dottore Ingroia, nella veste di avvocato di parte civile, con raro sprezzo del pericolo e del ridicolo ne ha chiesto l’inserimento fra i testimoni nel processo “’Ndrangheta stragista” che si svolge a Reggio Calabria.

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