LaPresse/Marco Cantile

Mafiosi, fascisti e il senso delle parole che si perde

Massimo Bordin

La cosa più sensata sulla vicenda della testata di Ostia l’ha detta il governatore campano Vincenzo De Luca

La cosa più sensata sulla vicenda della testata di Ostia l’ha detta il governatore campano Vincenzo De Luca, l’impresentabile rieletto trionfalmente malgrado la fatwa emessa dalla presidente Rosy Bindi. Molto più che da Ostia la mafia avanza verso la Capitale dal litorale laziale più a sud, dove i Bardellino comandano a Formia e dall’autostrada percorsa dai camion che portano frutta e verdura per la capitale dal mercato di Fondi rifornito dal giuglianese e controllato dai Mallardo. Eppure su queste vicende notissime non c’è grande pressione giudiziaria. Neanche giornalistica per la verità. Non si tratta di benaltrismo, piuttosto di senso delle proporzioni legato all’uso del termine mafia che sta diventando simile a quello della parola fascista, consumata a suo tempo con grande spreco dall’estremismo di sinistra più ignorante. Il risultato è che oggi si fatica a definire fascisti quelli di CasaPound, nuovi convitati ai talk de La7, e si largheggia nel qualificare mafiosi nelle sentenze della Cassazione quelli del racket del pullmino per la Moldavia.

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