Il super pentito Vincenzo Scarantino

La ridicola sopravvalutazione del falso pentito Scarantino

Massimo Bordin

Quando l’evocazione di misteriosi pupari è uno stereotipo

L’apertura da parte del Csm di un fascicolo, che dovrà riempirsi di testimonianze e poi di valutazioni, sulla vicenda del falso pentito Scarantino, non va necessariamente letta come un atto ostile nei confronti dei magistrati dell’antimafia di Palermo. A chiarirlo è stata Fiammetta Borsellino con parole di facile interpretazione: “Una parte del mondo giornalistico ha voluto semplificare il senso delle mie denunce riducendo tutto a un alterco fra me e il dottore Di Matteo. Una semplificazione che fa comodo a qualcuno che si nasconde nell’ombra”. Benissimo, non resta che prendere atto, limitandosi a notare che, se è così, ad alimentare l’equivoco, più che “il mondo giornalistico” è stato il dottore Di Matteo quando si è presentato in commissione antimafia, ritenendosi chiamato in causa dalle parole della figlia del del giudice ucciso, da lei mai smentite fino a ieri.

 

L’evocazione di misteriosi pupari in questi casi è uno stereotipo, nulla di più. Perché il problema non è Di Matteo ma la ridicola sopravvalutazione del falso pentito Scarantino come vettore di un “raffinatissimo depistaggio” quando già all’epoca era evidente, e fu denunciato da una parte della stampa e degli avvocati, che si trattava di una toppa mal messa su un pezzo di indagine che era rimasto scoperto. Una volta strappato il velo, quel pezzo vuoto si è voluto riempire di “oscure trame” e “menti raffinatissime”, un po’ per salvare la topica dei pm, un po’ per avvalorare una tesi funzionale al processo sulla cosiddetta trattativa. Non è impossibile che questa tesi riemerga anche nei lavori del Csm. In fondo mette d’accordo tutti, o quasi. Anche Fiammetta Borsellino?