Carabinieri nella sede della Consip (foto LaPresse)

I punti fermi di Cantone su Consip gonfiano gli aspetti collaterali della vicenda

Massimo Bordin

Sulla fuga di notizie c’è una sorta di catena il cui punto di inizio non può che essere uno, perché per violare un segreto bisogna esservi vincolati

Raffaele Cantone ha provato ieri a mettere un punto fermo sulla vicenda Consip, notando come, al momento, lo stato dell’indagine consista in “una ipotesi di corruzione per cui un funzionario di medio livello ha patteggiato e un imprenditore è in attesa di giudizio”. “Tutto il resto è frutto di una fuga di notizie” ha aggiunto il presidente dell’autorità anticorruzione. Dunque i centomila euro passati dall’imprenditore al funzionario sono il bottino tratto dal “più grande appalto europeo”. Una miseria, ragionando obiettivamente, e un misero risultato giudiziario. Questo contribuisce a gonfiare gli aspetti collaterali della vicenda, più sostanziosi nel numero e nel rango degli indagati.

 

Sulla fuga di notizie c’è una sorta di catena il cui punto di inizio non può che essere uno, perché per violare un segreto bisogna esservi vincolati e l’unico fra gli indagati in quella condizione è il generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Carabinieri Toscana. Nella vicenda si ritrova anche il comandante dell’Arma, generale Del Sette, nella cui stanza al comando generale di viale Romania Scafarto pensava addirittura di piazzare delle microspie. Non si sa se ne abbia parlato col suo ex capo al Noe colonnello De Caprio trasferitosi ai servizi segreti. Sono tutti fatti noti che possono portare a dissentire da una sola delle tesi avanzate ieri da Cantone, quando ha sostenuto che l’indagine sull’indagine finisce per danneggiare l’immagine della magistratura. Anche l’Arma non ne esce benissimo.

Di più su questi argomenti: