L'intuizione di Mattiello sui mandanti esterni delle stragi del 92-93

Massimo Bordin

L'intervento del deputato pd membro della Commissione antimafia dopo l'intervento del pm Di Matteo

Qui vi era già stato segnalato il deputato del Pd Davide Mattiello come uno dei parlamentari della commissione Antimafia più acuti e meno inclini alla banalità, anche quando sostiene tesi non necessariamente condivisibili. Così è stato ieri per il suo commento alla prolusione di fronte alla commissione del dottore Antonino Di Matteo. Mattiello ha supportato la autodifesa del pm rispetto alla questione delle false deposizioni del finto pentito Scarantino ma ha poi saggiamente scantonato, spostandosi su un altro argomento, relativo alla necessità, caldeggiata mercoledì da Di Matteo, di nuove indagini sulla questione dei “mandanti esterni” delle stragi del 92-93.

 

L’acutezza di Mattiello sta nell’aver fatto notare come l’indagine su questo tema viva indipendentemente da quella sulla cosiddetta trattativa, che pure lo presuppone, e sia stata portata avanti da magistrati come Pietro Grasso nel suo ruolo di procuratore capo della Dna. La pista dei mandanti esterni “è stata sistematicamente battuta e illuminata da diversi atti di impulso alle procure fra il 2007 e il 2012 da parte della Dna”, scrive Mattiello che nota come proprio da uno di essi sia scaturita la “pista calabrese”, proposta come pezzo forte, insieme alle intercettazioni in carcere di Graviano, della ripresa fra pochi giorni del processo palermitano. Oltre che per autodifesa Di Matteo ha infatti usato la tribuna della commissione per riportare l’attenzione sul processo palermitano. Mattiello cita l’attuale presidente del Senato per conferire maggiore autorevolezza ad una promozione altrimenti apprezzata dal solo Fatto Quotidiano.

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