Sciascia e i consiglieri di sinistra del Csm contro Borsellino

Massimo Bordin

Nel 1986 il Consiglio votò per la nomina del magistrato a procuratore di Marsala. Solo in tre, su nove, furono favorevoli. Ma lo scrittore siciliano “pagò” per tutti

Fra le carte pubblicate dal Csm in occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio, una delle più interessanti è tutt’altro che inedita. Si tratta di un verbale di votazione sulla promozione di Paolo Borsellino a procuratore di Marsala nel 1986. Il dibattito che precedette il voto fu incentrato sul superamento o meno del criterio di anzianità, fino ad allora seguito dal Csm per le promozioni. Chi propose Borsellino sostenne che in quel caso andava fatta una eccezione per l’esperienza antimafia del membro del pool palermitano rispetto all’altro concorrente con più anzianità. Quella decisione fu criticata in un articolo sul Corriere della Sera da Leonardo Sciascia che per questo venne trattato come un fiancheggiatore, quanto meno oggettivo, della mafia. Molte voci di sinistra si levarono contro di lui. È interessante andare a vedere 30 anni dopo, mentre alla memoria di Sciascia si rimprovera ancora quell’articolo, come votarono i consiglieri riconducibili alla sinistra. È presto detto, si divisero. Votarono sì a Borsellino Massimo Brutti, Gian Carlo Caselli e Carlo Smuraglia. Votarono no Nino Abbate, Pietro Calogero, Fernanda Contri, Vito D’Ambrosio. Si astennero Elena Paciotti e Giuseppe Borrè. Su nove consiglieri riconducibili all’area di sinistra solo tre votarono a favore di Borsellino, uno solo di loro era un magistrato, Caselli. Gli altri membri togati di Magistratura democratica si divisero fra chi si astenne e chi votò contro Borsellino. Uno di loro, Vito D’Ambrosio, è stato intervistato cinque giorni fa da Repubblica come sostenitore del pool di Palermo, come effettivamente fu, ma due anni dopo quel voto cancellato dalla stessa memoria che continua a dannare Leonardo Sciascia.