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La riconferma di Santi Consolo al Dap e la situazione delle carceri

Massimo Bordin

In tanti fuori e dentro il Parlamento hanno fatto sentire la loro protesta chiedendo l’annullamento dell’unica decisione azzeccata dal ministro Orlando negli ultimi tempi

Dopo la riconferma, da parte del ministro, di Santi Consolo al vertice del Dap, l’importante dipartimento del ministero di Giustizia che sovrintende alle carceri, i tanti Bracardi fuori e dentro il Parlamento hanno fatto sentire la loro protesta chiedendo l’annullamento dell’unica decisione azzeccata dal ministro Orlando negli ultimi tempi. Voci grevi, tranne una, hanno tuonato nella conferenza stampa convocata per auspicare la defenestrazione. Le carceri sono un colabrodo, i permessi fanno scappare i carcerati, la polizia ha le mani legate, la magistratura pure, eccetera. Il copione recitato da una senatrice leghista, il segretario del sindacato più reazionario degli agenti di custodia e l’immancabile rappresentante di una associazione di vittime, ha riproposto il refrain “buttate la chiave” e se qualcuno, dietro sbarre non necessarie, si dovesse suicidare, il commento sarà “ce lo siamo tolto dai coglioni”, come già è stato detto e scritto. Una sola voce stonava in quel coro, quella del senatore Tito Di Maggio, imprenditore colto e mite entrato in Senato con la lista Monti e ora iscritto a uno dei tanti mini gruppi prodotti da quello sfascio politico, ma soprattutto fratello di Francesco Di Maggio, magistrato intelligente e integerrimo, infangato dopo la sua morte come partecipe della famosa sedicente trattativa, quando divenne vicedirettore del Dap. Chi lo conosceva sa quanto sia ridicola quella accusa e, sottovoce e col dovuto rispetto, si può forse dire che quella presenza non era necessaria. Ma è comunque indicativa di un clima.

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