Il caso Moro spiega a cosa dovrebbe servire una commissione parlamentare

Massimo Bordin

Contro i doppioni di indagini giudiziarie

"Lo consideravamo l’apice del sistema di potere. Pensavamo che lo stato avrebbe fatto carte false per riaverlo. Sbagliammo completamente valutazione. Fino alla fine sperammo che Moro con le sue lettere fosse in grado di muovere qualcosa all’interno della Dc”. Così ieri Adriana Faranda sentita dalla ennesima Commissione sul caso Moro ha descritto la gestione, anche se il termine è a dir poco inadeguato, del rapimento Moro da parte delle Br. Coincide con l’analisi, mirabilmente sintetica, messa nero su bianco in un libro di qualche anno fa da Aldo Giannuli: “Fecero una strage per rapire Aldo Moro e dopo pochi giorni dal sequestro si accorsero che non sapevano che farsene”. Una commissione parlamentare, piuttosto che doppioni di indagini giudiziarie, dovrebbe occuparsi del senso politico del terrorismo italiano per come rappresentato nelle elaborazioni, nelle azioni e nelle riflessioni successive dei suoi militanti. Sarebbe una indagine forse di qualche utilità e non sarebbe attività impropria, visto che il ruolo di una commissione parlamentare è per l’appunto un ruolo politico. Bisognerebbe partire proprio dalle parole di Faranda citate più sopra. Ma si sa che gli onorevoli indagatori sono interessati a ben altro e anche questa occasione andrà sprecata.

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