La Giustizia comincia a parlare di corridoi umanitari, ma serve la politica

Massimo Bordin

Una riunione di coordinamento tenuta alla procura nazionale antimafia potrebbe segnare un cambio di approccio al problema dei migranti

La procura nazionale antimafia, struttura che ormai rappresenta una sede di coordinamento e indirizzo sui temi di indagine più delicati dal punto di vista della sicurezza, ha convocato una riunione con i procuratori delle zone più interessate dal flusso migratorio. Erano anche presenti rappresentanti di Frontex, Eurojust, Marina militare, Guardia costiera e delle Forze di polizia. I vertici della magistratura inquirente, oltre che dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, erano rappresentati dal procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo e quello della Corte d’appello di Roma Giovanni Salvi.

 

L’esigenza posta dalla riunione, spiegano le agenzie, è stata quella di un maggiore coordinamento nell’affrontare la questione dei salvataggi in mare e del ruolo delle ong, oggi superiore a quello della Marina militare. Non si è probabilmente trattato però solo di una ricognizione sulle notizie relative ai finanziamenti e ai presunti rapporti delle ong con gli scafisti. La riunione potrebbe segnare un cambio di approccio al problema, per come è interpretato dai magistrati e dalle forze operative che se ne occupano da più tempo e hanno ormai maturato la convinzione che il punto centrale del problema sia la nascita non regolamentata di un vero e proprio corridoio umanitario, privo però di quelle garanzie che solo una decisione politica può mettere in pratica. Già fissare così i termini della questione sarebbe un notevole passo avanti.

Di più su questi argomenti: