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Da quando "indagine conoscitiva" è un termine giudiziario?

Massimo Bordin

La parola chiave è alla fine dell’intervista concessa ieri dal procuratore Carmelo Zuccaro a Repubblica

Questa volta la parola chiave è alla fine dell’intervista concessa ieri dal procuratore Zuccaro a Repubblica. Ormai le esternazioni del capo della procura di Catania sono quotidiane, plurime, multimediatiche, anche se ieri il consigliere laico del Csm Alessio Zaccaria lo ha definito “uomo riservato, che certamente non ama apparire, forse eccessivamente silente”. Va detto che il consigliere aggiunge, a chiudere la frase, un timido “mi sentirei di dire” che svela nell’uso del condizionale, più che una clausola di stile, il timore di avere obiettivamente esagerato. Bene, ieri il silente procuratore ha parlato, alla fine dell’intervista, della sua “indagine conoscitiva” sulle ong. Ecco la parola chiave: indagine conoscitiva. Non è un termine giudiziario, parlamentare piuttosto. Le indagini giudiziarie nascono da notizie di reato e prevedono accertamenti. Su questo conviene anche il silente procuratore che infatti nell’intervista del giorno precedente aveva premesso: “Adesso faccio delle ipotesi e ne parlo. In teoria dovrei prima fare degli accertamenti”. In teoria. In pratica il procuratore Zuccaro scavalca l’obbligo teorico ricorrendo con il giornalista al bisillabo pasoliniano ormai asservito da tutti gli Ingroia: “Io so”. A che serve accertare? Lui sa e tiene a farlo sapere a tutti e tutti sanno anche che l’euforica saccenza promana da documenti arrivatigli, non si sa come e con quale percorso, dai servizi segreti. E’ lui stesso a dirlo quasi esplicitamente nelle numerose interviste. Ora, anche mettendo da parte il merito della questione, la cui qualificazione giuridica resta abbastanza incerta, il fatto che il Csm voglia avere un chiarimento parrebbe un atto dovuto.

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