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C'è un problema se la Commissione antimafia si occupa di Massoneria

Massimo Bordin

o sconfinamento della commissione parlamentare dai suoi compiti è però forse dovuto ad obiettivi meno ambiziosi e più contingenti

Il sequestro degli elenchi degli iscritti alla massoneria non è una novità assoluta. E’ evidente che un provvedimento del genere presta il fianco a critiche dal punto di vista della libertà di associazione e della riservatezza e anche questo dibattito è qualcosa di già visto. Il Gran Maestro in carica parla di un atto intimidatorio, un deputato del Partito democratico membro della commissione Antimafia pone la questione del giuramento di fedeltà “all’Istituzione” – come i massoni chiamano la loro associazione – che vede in contrasto con la fedeltà alle istituzioni repubblicane. In buona sostanza il deputato Davide Mattiello chiede che i massoni siano allontanati dagli “incarichi pubblici apicali”, così si esprime.

 

A parte il merito della proposta, c’è comunque il dubbio che possa essere la commissione antimafia a occuparsi di un argomento del genere, a meno di equiparare tout-court la massoneria alla mafia. Lo sconfinamento della commissione parlamentare dai suoi compiti è però forse dovuto ad obiettivi, diciamo così, meno ambiziosi e più contingenti. A offrire un indizio di dove voglia andare a parare l’antimafia, guidata dalla “cattolica adulta” Rosy Bindi, è il pentastellato Michele Giarrusso, l’unico avvocato favorevole alla pena di morte, che insiste sulla necessità di acquisire gli elenchi massonici non solo di Calabria e Sicilia ma anche e soprattutto della Toscana. Quel tizio, con la barbetta bianca e il borsalino, andrà pure a Medjugorje ma la commissione ha un sospetto. O una speranza.

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