Parlamento italiano (foto LaPresse)

Il “campo largo”nel dibattito politico

Massimo Bordin

Un’espressione di puro politichese che forse oggi conviene tenere presente

“Campo largo” è un’espressione di puro politichese che forse oggi conviene tenere presente perché può tornare utile a capire. Il “campo largo” debutta nel rarefatto dibattito politico del centro sinistra nell’estate 2010 attraverso un nuovo “cantiere”, altra parola abusata dal linguaggio politico, aperto da Goffredo Bettini. Sei anni in politica non sono pochi e quel campo non è stato molto coltivato mentre intorno succedeva di tutto: i processi a Berlusconi ancora premier, lo spread, il governo Monti, le elezioni, la giunta Marino, eccetera. Il campo, nella sua estensione, ha visto crescere erbacce insieme a zolle spelacchiate, ma è stato evocato di nuovo ieri da Dario Franceschini per farci discendere il Pd dopo il referendum, una volta modificato l’Italicum. Niente più premio alla lista, si torni alla coalizione. Questa l’idea del ministro. “Senza tornare all’Unione” si è subito affrettato a precisare. Però quel pezzo di centrodestra che oggi sta in maggioranza, nella coalizione deve esserci. Ma non basta. Bisogna, secondo il ministro, guardare anche a sinistra del Pd, non solo a Zedda e Pisapia. Un remake dei “comunisti unitari” degli anni 90, in parole povere. Senza tornare ma tornando. A essere maliziosi si potrebbe dire che l’intervento più insidioso contro la logica stessa della riforma è venuto da un membro del governo, attraverso lo slittamento di una espressione un po’ oscura che, in origine, si riferiva al partito e non al governo.