Dall'Italia riparte la battaglia in difesa dell'embrione

Redazione

Nel 2014 due milioni di cittadini europei presentarono una petizione per chiedere di tutelarne la dignità umana. Le istituzioni Ue la ignorarono. Oggi 3.000 medici e giuristi chiedono al presidente Tajani di riprendere il tema

Era il maggio del 2014, si erano da poco celebrate le elezioni europee e le trattative per formare la nuova Commissione erano ancora nella loro fase iniziale. Nessuno pensava sarebbe successo eppure la Commissione uscente decise di dire no, di respingere quella richiesta che arrivava da 1.894.693 cittadini dell'Unione. Una petizione che chiedeva alle istituzioni europee misure che tutelassero la dignità umana dell'embrione. L'iniziativa si chiamava “One of us”, “Uno di noi”. Solo in Italia le firme raccolte furono 600 mila. Ma nessuna proposta di legge venne presentata al Parlamento europeo.

 

Oggi, a distanza di tre anni, il tema è tutt'altro che superato. Anzi 3.000 esperti italiani nel campo della medicina e della giustizia hanno deciso di ripartire proprio da quell'iniziativa. Per questo hanno sottoscritto due petizioni che oggi, 12 maggio, saranno consegnate al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. La richiesta è semplice: l'Europa non deve più finanziare attività che distruggono embrioni umani. Non si tratta di una presa di posizione ideologica ma di una consapevolezza che nasce dalla propria esperienza.

 

“È giusto - si legge nel preambolo della petizione sottoscritta dai giuristi - che ogni essere umano, fin dal concepimento, sia qualificato 'Uno di noi'. Lo esigono il principio di eguaglianza e quello di precauzione. La moderna dottrina dei diritti dell'uomo sarebbe vanificata se non si riconoscesse titolare di essi ogni uomo indipendentemente dalle sue qualità, funzioni e stadio vitale. L'embrione non è una cosa dal momento che la sua natura materiale e biologica lo colloca tra gli esseri appartenenti alla specie umana, cosicché deve essere riconosciuto il dovere morale di trattare l'embrione umano, fin dalla fecondazione, secondo criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone”.

 

“È vero - aggiungono gli operatori sanitari e scienziati - che l'embrione umano è 'Uno di noi': infatti l'embrione, sin dallo stadio unicellulare - embrione a una cellula - cioè dal concepimento, è un individuo vivente appartenente alla specie umana. Il nuovo genoma determina l'identità biologica specifica ed individuale del nuovo organismo. Il processo vitale del nuovo soggetto umano è unico e continuo dalla stadio unicellulare alla morte individuale”.

 

La speranza è che a contrario di quanto accaduto nel 2014, il loro appello non resti inascoltato. 

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