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Se su Facebook il pastore (di anime) si comporta come le pecore

Antonio Gurrado

La retromarcia del parroco bolognese che chiede scusa per avere insultato su Facebook un’adolescente violentata sa di riparazione inadeguata perché non sembra cogliere l'aspetto più grave della vicenda

Sa d’insipida manfrina la retromarcia del parroco bolognese che chiede scusa per avere insultato su Facebook un’adolescente violentata, dopo che la curia ieri s’è dissociata dalle sue parole sottolineando come fossero state espresse a titolo personale. Sa di riparazione inadeguata non perché incompleta o insincera – evenienza su cui spetterà al vescovo giudicare – ma perché pare non cogliere l’aspetto della faccenda che più intrinsecamente è grave in quanto più passa inosservato: il prete ha parlato su Facebook. Ora, i social network sono pieni di ottimi sacerdoti delle cui buone intenzioni non posso dubitare, e ho ancora impressa nella retina l’immagine di Benedetto XVI un po’ incredulo mentre, con una guardia svizzera impalata sullo sfondo, pigia il polpastrello sull’iPad per inviare urbi et orbi il primo tweet: fra un mese saranno già cinque anni. So anche che nel Vangelo è scritto “non preoccupatevi di come o cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire” (Matteo 10, 19), e so che in tempi di Papa gesuita il todo modo vale a maggior ragione, anche online. Non si può tuttavia nascondere che i tweet di @Pontifex sono un po’ apodittici quando non stucchevoli, se paragonati al frizzante professionismo di una, che so, Selvaggia Lucarelli. Inoltre, se leggo il post incriminato del prete bolognese, riscontro puntini di sospensione, stampatelli aggressivi, confusi esclamativi, un afflato retorico malcerto e a metà strada fra un Grillo e un Celentano, degno dei loro innumerevoli emuli virtuali. Se leggo il post del prete bolognese, non vedo un prete ma un utente medio di Facebook, odioso e trascurabile; gioverebbe dunque domandarsi se faccia gioco alla Chiesa che i suoi pastori, per garantire presenza anche nei più sordidi anfratti del web giocondo, si rendano indistinguibili dalle pecore belando.

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