San Francesco in un'opera di Annibale Carracci

Quest'Italia ipocrita non merita di avere (il vero) san Francesco come patrono

Antonio Gurrado

Altro che molle pacifismo e giulivo ecumenismo. Il nostro santo protettore era di ben altra pasta 

Sarebbe meglio se il patrono d’Italia fosse il san Francesco vero, non quello immaginario tutto molle pacifismo e giulivo ecumenismo. Nel quarto capitolo dei “Fioretti” è narrato che, quando il suo successore frate Elia volle imporre ai cordiglieri di non mangiare alcuna pietanza che contenesse carne, san Francesco intervenne direttamente dal Paradiso per farlo deporre dalla carica e scomunicare, poiché ogni cibo è santo e benedetto. Nel diciannovesimo capitolo dei “Fioretti” è narrato che san Francesco moltiplicò miracolosamente il prodotto di una vigna privata, il cui padrone aveva dato libero accesso ai poveri, acciocché ognuno potesse procurarsi un po’ di ebbrezza consolatoria. Nel ventinovesimo capitolo dei “Fioretti” è narrato addirittura che a un tale povero frate Ruffino apparve un crocifisso che esprimeva idee poco cristiane, ma san Francesco fece dileguare il simulacro assieme alle sue eresie camuffate da rivelazione, dicendogli secco: “Apri la bocca, e mo vi ti caco”. Nell’Italia salutista, pauperista e ipocrita queste storie circolano poco; dunque sarebbe meglio se il san Francesco vero, non quello immaginario, fosse patrono di qualche altra nazione. 

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