Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Di Maio era uno studente modello, e questo la dice lunga sulla scuola italiana

Antonio Gurrado

La testimonianza di un suo vecchio insegnante al liceo. Aveva la media dell'otto, con buona pace della grammatica e della storia dell'America latina

Sapeva i congiuntivi. Un mio collega, professore di storia e filosofia di Luigi Di Maio a inizio secolo, scovato dai giornalisti di Radio 1 ha raccontato che il nuovo leader del Movimento 5 stelle andava bene a scuola: voti attorno all’otto, grande passione per il pensiero di Hegel, congiuntivi sempre azzeccati e (bisogna presumere) nessuna confusione fra storia del Cile e storia del Venezuela. Ne consegue che o Di Maio era già Di Maio al liceo ma il suo professore per qualche ragione non si accorgeva degli eventuali strafalcioni in materia di grammatica e di Sud America; oppure Di Maio era uno studente modello (ambito dalle ragazze, impegnato nel sociale) rimasto poi vittima della degenerazione ontologica in cui incorrono gli iscritti all’università italiana, specie quelli che la iniziano ma non si sa se e quando finiranno. Le parole del mio collega erano probabilmente intese a rassicurare gli italiani riguardo alle qualità del loro eligendo presidente del Consiglio; su di me hanno però sortito l’effetto opposto e da adesso guardo con terrore i miei alunni, anche quelli che mi sembrano i più bravi.

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