Foto via Flikr, di Andrea Alemanno

La fiaba ambientalista di Cappuccetto Rosso e il lupo

Antonio Gurrado

Le conseguenze della biodiversità nel Parco del Ticino

C'era una volta Cappuccetto Rosso, che s'inoltrò nel Parco del Ticino per andare a trovare la nonna ammalata. Fra Boffalora e Magenta incontrò un lupo e gli domandò stupita cosa ci facesse lì in pianura. “Mangio”, rispose il lupo, “qualche agnellino e qualche ungulato di passaggio, lasciando le carcasse a marcire mezze consumate, e di tanto in tanto mi accoppio coi cani randagi”.

 

“Bella roba”, replicò Cappuccetto Rosso, “ma ti rendi conto che il lupo era scomparso dalle pianure italiane già nel Medioevo? Era stato scacciato dall'uomo che, civilizzandosi viepiù, era intervenuto a modificare l'habitat in modo tale da renderlo più agevole per il bestiame domestico, servizievole e nutritivo. Che sei tornato a fare, mille anni dopo?”. “Sono tornato”, disse il lupo, “perché l'uomo si è evoluto ulteriormente e da allevatore è diventato ambientalista. Il direttore del Parco del Ticino sostiene infatti che la mia presenza in pianura sia uno straordinario indicatore di biodiversità e conferma l'importanza di quest'area come corridoio ecologico dalle Alpi al Po. Anzi adesso, forte delle sue dichiarazioni, mangerò anche te”. “Ah vabbe', quand'è così”, furono le ultime parole di Cappuccetto Rosso.

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