Michele Bravi (foto LaPresse)

Leggere Michele Bravi e pensare: come sono vecchi i giovani d'oggi

Antonio Gurrado

Nella sua intervista al Corriere della Sera nulla di nuovo sulla scuola, sulla psicologia, sulla filosofia di vita né sull'amore 

Spinto dal desiderio di conoscere e capire i giovani ho periziato la pagina d'intervista dedicata dal Corriere a Michele Bravi. Avvantaggiato dall'ignorare chi fosse, così da non lasciarmi trainare da preconcetti, mi sono fidato della foto da ragazzino coi capelli spumati anche se poi ho scoperto che ha 23 anni e, insomma, conosco persone che alla sua età sono già adulte. Fatto sta che parla della propria generazione come una novità assoluta, quindi ho letto attendendomi una ventata di aria fresca rivoluzionaria. Non ho trovato nulla di nuovo sulla scuola (“Al liceo mi piaceva studiare ma odiavo i miei professori; non so relazionarmi con chi chiude la lezione con un libro”), nulla di nuovo sulla psicologia (“Posso raccontare solo quello che vivo”), nulla di nuovo sulla filosofia di vita (“Le cose cambiano solo vivendole con naturalezza”, “Hai la possibilità di giudicarmi? Ok. Io però ho quella di mandarti affanculo”), nulla di nuovo sull'amore (“Mi auguro solo di innamorarmi, di chi non conta. Male che vada, il prossimo disco lo dedicherò al mio cane”), nulla di nuovo sull'utilizzo creativo del vocabolario (“Mi faccio un sacco di film mentali”, “Quando canto non mi faccio più paranoie”) e nulla di nuovo quanto a luoghi comuni contro la riproduzione: “Ho un'ansia terribile che possa succedermi, rovinerei la vita di qualcun altro. Anche una mia amica storica è rimasta incinta, orribile”. Ho trovato tutto un frullato di don Milani, Beppe Grillo, zitelle col guinzaglio, veterofemminismi, gramellinismi e Baci Perugina. Come sono vecchi i giovani d'oggi.

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