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Gli studenti disoccupati? A casa dei professori che contestano il numero chiuso

Antonio Gurrado

Alla Statale di Milano il Rettore propone un tetto per le facoltà umanistiche. Grande protesta. Vorrà dire che in attesa di trovare lavoro i neolaureati in sovrappiù andranno a pranzo e a cena a casa degli insegnanti

Il Senato accademico dell'Università Statale di Milano vota oggi sulla proposta del Rettore, il quale intende imporre il numero chiuso per le facoltà umanistiche nonostante che i consigli di dipartimento interessati si siano espressi contro, dicendosi tutt'al più disponibili all'inserimento di un test di autovalutazione non selettivo all'inizio del corso di studi. A parte il fatto che questo test di autovalutazione non selettivo gareggia per efficacia col test di metafisica in cui Woody Allen raccontava di essere stato sorpreso a sbirciare nell'anima del compagno di banco, stupisce l'allineamento dei professori alle posizioni degli studenti. C'è da presumere che i docenti contrari alla selezione in entrata concordino col rappresentante degli iscritti a filosofia, per esempio, il quale ha dichiarato che “il numero chiuso è frutto di una logica che considera l'università un'istituzione esclusivamente professionalizzante e, nel caso specifico, di una svalutazione degli studi umanistici e di tutte quelle discipline che non sono principalmente finalizzate alla produzione di profitto”. Quindi quei professori che nei giorni scorsi hanno protestato contro il numero chiuso facendo lezione in piazza dovrebbero essere altrettanto pronti, nei mesi e negli anni a venire, a ospitare i neolaureati in sovrappiù a pranzo e a cena a casa propria fino a che non troveranno lavoro. Così sfatiamo il mito che la cultura non dà pane.

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