Emanuele Morganti

L'omicidio di Alatri e la cattiveria generalizzata

Antonio Gurrado

La madre di Emanuele Morganti: “È morto per la cattiveria degli uomini”. Ma non si tratta di una “malattia” che intacca tutti, ad uccidere è sempre un singolo individuo

Spero che le parole della madre del ventenne trucidato ad Alatri non vengano fraintese. I titoli che riportano che suo figlio è morto per la cattiveria degli uomini, o che è stato ucciso per la cattiveria degli uomini, a furia di venire riletti rischiano di diventare un alibi annacquato. Hanno un senso se le consideriamo alla luce di quello che dice il Vangelo, cioè che nessuno è buono, o più in generale la Bibbia, ad esempio Geremia profeta quando ammonisce: “Guai all'uomo che confida nell'uomo”. Significa che tutti noi abbiamo dentro un abisso nel quale rischiamo di cascare, significa che tutti stiamo sempre per commettere un delitto e che nessuno è mai al sicuro se non compie uno sforzo. In questo caso sì, il giovane è morto per quella cattiveria che è un buco nero intrinseco all'uomo, il famoso legno storto dell'umanità di cui parlava Kant.

 

Le stesse parole addolorate però assumono un senso diverso se le interpretiamo come una generalizzazione, dando una sostanza alla cattiveria come se fosse una malattia che intacca tutti indistintamente. Non sono mai gli uomini che uccidono ma è sempre qualche singolo individuo, anche se tutti potrebbero. Non sono mai gli uomini che compiono un delitto ma è sempre qualche singolo individuo, anche se tutti vorrebbero. Non sono mai gli uomini che sono cattivi ma è sempre qualche singolo individuo che evita di sforzarsi al bene, quindi compie una cattiveria; anche se nessuno è buono, quindi mai nessuno è immune a priori. La cattiveria non è mai causa e sempre effetto. Quanto agli uomini, non esistono: esistono i singoli individui, ciascuno solo col proprio abisso, e chi ci cade dentro non può mai dare la colpa agli altri in generale, né all'umanità, né alla società.

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