Il passaporto di Resim Kastrati

In Italia i jihadisti espulsi continuano a reclutare online. La storia di Resim Kastrati

Cristina Giudici
Il Foglio ha scoperto che l’islamista kosovaro Resim Kastrati, espulso nel gennaio del 2015 per aver esultato dopo la strage a Charlie Hebdo sui social network, e per aver manifestato online la volontà di diventare kamikaze per tutelare l’onore del profeta, ora è fra gli animatori di un profilo di musulmani italiani su Facebook.

Non è che a volte ritornano. Il problema semmai è il contrario: non se ne vanno mai. Magari fisicamente vengono espulsi, ma la loro identità online continua a lavorare per il jihad. Il Foglio ha scoperto che l’islamista kosovaro Resim Kastrati, espulso nel gennaio del 2015 per aver esultato dopo la strage a Charlie Hebdo sui social network, e per aver manifestato online la volontà di diventare kamikaze per tutelare l’onore del profeta, ora è fra gli animatori di un profilo di musulmani italiani su Facebook. Il profilo è seguito da 420 persone, e apparentemente dedito solo al proselitismo della Sunna. Eppure, basta grattare sotto la superficie, studiare chi sono i musulmani residenti in Italia che fanno parte del gruppo, per ipotizzare che quel profilo su Facebook serva in realtà a Kastrati come una rete per tenere saldi i contatti con gli altri kosovari in Italia devoti all’islamismo.

 

Un esempio eclatante? Fra i fratelli aggiunti da Resim Kastrati c’è Bajram Baki Ibraimovic, che ha frequentato il casolare-moschea di Motta Baluffi in provincia di Cremona, (il Foglio ne ha parlato il  26 gennaio scorso in un articolo dedicato alla pista balcanica in Italia) dove ha predicato l’imam-reclutatore bosniaco Bilal Bosnic. Ibraimovic, originario di Pristina, vive a Scandolara Ravara, piccolo comune della provincia di Cremona: barba da salafita e occhiali, dito indice alzato per ricordare che esiste un unico Dio, Allah, ha postato in passato immagini di combattenti in preghiera e recentemente persino un omaggio a Nasir Oric, ex comandante delle truppe musulmane bosniache incarcerato all’Aja per crimini di guerra.

 


Alcuni fedeli riuniti alla moschea di Motta Baluffi


 

Tra i contatti del profilo Facebook di Kastrati c’è anche Besart Sahiti, che invece vive a Trescore Balneario, in provincia di Bergamo. Sahiti, fra un post sulle torture inflitte sui fratelli musulmani dagli sciiti e qualche messaggio nazionalista contro i serbi, due mesi fa ha aggiornato l’immagine del suo profilo:  seduto su un letto, a torso nudo,  imbraccia un  kalashnikov. E in una foto espone anche delle consistenti mazzette di euro. Il dettaglio non è di poco conto perché Resim Kastrati nel 2013 viveva in un covo di rapinatori kosovari, che avevano commesso una doppia rapina vicino a Cremona in un autogrill sull’autostrada A21. All'interno del covo della banda, nel cuore della città, a poche centinaia di metri dalla questura, vennero trovati otto giovani kosovari clandestini, oltre alla refurtiva, della droga, alcuni passamontagna e abiti usati durante la rapina. C’erano poi macchinari per falsificare documenti e un pc che apparteneva a Resim Kastrati, alias Obeidullah. Anche Resim frequentava la moschea-casolare di Motta Baluffi. Il ministero dell’Interno lo ha espulso dall'Italia il 19 gennaio scorso per ragioni di sicurezza nazionale – apologia del terrorismo islamico – ma i carabinieri non hanno mai escluso l’ipotesi di trovarsi di fronte a rapine di autofinanziamento da destinare al circuito islamista italiano. Kastrati, inoltre, era in collegamento con un altro predicatore itinerante islamista, Mazllam Mazllami (ospitato  anche lui nel casolare moschea di Motta Baluffi e poi arrestato l’anno scorso a Pristina), ed era inserito in un contesto di criminalità, anche se non è mai stato provato un suo ruolo attivo nella rapina alla stazione di servizio. Kastrati era sorvegliato per una serie di attività illecite, fra cui quella di reperire documenti falsi e armi da fuoco. Ora  vive a Prizren, in Kosovo, sorvegliato speciale pare, dopo che non più di tre mesi fa è stato espulso anche dalla Germania, dove aveva trovato rifugio e voleva chiedere asilo. E’ da lì, dal Kosovo, senza apparire con nome e cognome sul gruppo Musulmani D’Italia, continua a tenere i contatti con i suoi sodali in Italia, che fanno parte del circuito islamista balcanico.

 

Su Facebook il suo nome appare solo di fianco ai nomi dei fratelli musulmani che lui aggiunge al gruppo. Nel profilo aperto si parla quasi esclusivamente del puro monoteismo, cioè della Sunnah, si citano versetti del Corano come il seguente: “La vita terrena è solo un godimento ingannevole”. Fra i membri si trovano musulmani arabi, pachistani, balcanici e molti italiani convertiti. Il gruppo sembra però anche un modo per Resim Kastrati per mantenere legami nel nostro paese e continuare ad allargare il suo bacino in Italia, dove è la pista balcanica a destare l’allarme – dopo l’arresto il 26 febbraio scorso del macedone Ajhan Veap, che reclutava mujaheddin da inviare in Siria per conto del imam bosniaco Bilal Bosnic, e dopo che due settimane fa sono state emesse due ordinanze  di custodia cautelare dei Ros nei confronti di due altri  macedoni.