Un'immagine del Family day di sabato 30 gennaio 2015 (foto LaPresse)

Quel vizio di gonfiare il numero dei manifestanti, da Cofferati al Family Day

Redazione
Non è la prima volta che in una manifestazione pubblica viene sovrastimato, di molto, il numeto di partecipanti. I "due milioni" al Family Day è solo l'ultimo caso. Nel 2002 già l'allora segretario generale della Cgil parlo di oltre tre milioni di persone al Circo Massimo, luogo che può contenere al massimo 300mila persone. Ecco perché gli organizzatori esagerano a proposito delle presenze.

C'è un vezzo, un impulso irrefrenabile che attanaglia ogni organizzatore di grande evento pubblico: azzardare un cifra dei partecipanti, stimarla, trasformarla in numero. Nessuno si tira indietro, nessuno può farne a meno, perché non basta più il "siamo bellissimi, siamo in tantissimi", a mò di Concertone del primo maggio anni Novanta: ora serve la cifra. L'ultima in ordine di tempo è quella dei "due milioni" al Circo Massimo. Storia di sabato scorso, Family Day. Davanti al palco moltissime persone, un colpo d'occhio ad effetto, colorato, rumoroso; lì nella più grande struttura che l'uomo abbia mai costruito per ospitare spettacoli, c'erano famiglie, gruppi, associazioni, gente interessata o solo curiosa, ma due milioni no, è troppo, è sovrastima esagerata. E' soprattutto impossibile. Lo dice la matematica.

 

Gli ultimi rilevamenti delle dimensioni del Circo Massimo erano stati eseguiti durante il mandato di Walter Veltroni. Lo studio del Comune di Roma aveva calcolato che lo spazio era lungo 621 metri, largo 118 con una superficie calpestabile di circa 73 mila metri quadri, 73.278 metri quadri per la precisione. Se calcolare l'estensione dell'area è molto semplice, leggermente più complessa può essere stimarne la capienza. Dipende dalla folla, dalla concentrazione di manifestanti. Da studi condotti negli ultimi anni si sa che una folla in un grande comizio pubblico può avere una densità variabile da una persona a metro quadro alle cinque (per fare un paragone sei persone a metro quadro sono la densità media delle prime file di un grande concerto). Appreso questo si può così stimare che sabato al Circo Massimo potevano, considerato il colpo d'occhio, esserci da un minimo di 220mila persone a un massimo di 293mila persone. Azzardando e sovrastimando l'afflusso si può arrivare a un massimo di 366mila, sempre escludendo dal conto lo spazio occupato dal palco, dal retropalco e da tutti i limiti architettonici interni alla superficie del Circo Massimo.

 



 

Una cifra comunque decisamente inferiore alle 2 milioni di persone gridato sul palco del Family Day. Facendo infatti una calcolo approssimativo e non considerando i limiti del tessuto urbano di Roma, la cifra indicata dagli organizzatori – considerata una densità di 5 persone a metro quadro – avrebbe dovuto occupare una superficie sei volte superiore a quella del Circo Massimo, sarebbero dunque dovuti arrivare sino al Colosseo e poi proseguire sino all'inizio delle Terme di Caracalla.

 


In rosso l'estensione che avrebbero occupato due milioni di manifestanti, ossia 6 volte la superficie del Circo Massimo


 

Ma il punto non è questo. Perché quanto stimato in maniera del tutto grossolana da chi ha organizzato la manifestazione, non è un unicum, anzi è un "errore" largamente diffuso dalla quasi totalità delle strutture organizzative dei cosiddetti mega eventi di piazza. Un vizio a cui non sa resistere nessuno, che avvicina destra e sinistra, associazioni cattoliche e sindacati, l'importante è sparare una cifra, la più alta possibile, qualcosa che possa essere ricordata e abbastanza altisonante da colpire l'immaginario. Come già indicato dallo psicologo tedesco Robert Rosenthal nei suoi studi all'Università della Californi (Ucla) a metà degli anni Novanta: "Qualora si parli di eventi legati alla politica, l'altisonanza di un numero, per esempio un milione, dà al concetto a cui si riferisce un valenza di rispettabilità e di importanza, indipendentemente se la loro associazione sia veritiera o mendace".

 

I tre milioni di persone chiamati in piazza – sempre al Circo Massimo – da Sergio Cofferati nel 2002 per protestare contro il tentativo di abolire l'articolo 18, oppure i due milioni e settecentomila manifestanti citati dall'allora segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, in un'analoga protesta nel 2009,  sono altrettanti esempi di come si voglia legittimare un evento sfruttando il numero dei presenti.

 

[**Video_box_2**]Tre milioni di persone sono una cifra mostruosa, un'adunata pazzesca che avrebbe bisogno di 9 volte l'area del Circo Massimo per essere contenuta. Sono cifre del tutto senza senso, usate come giustificazione numerica alla protesta. Cifre che non dovrebbero nemmeno essere prese in considerazione perché del tutto insensate da un punto di vista matematico e urbanistico. Il problema è che queste cifre non solo vengono prese in considerazione, ma trovano spazio pure nei titoli della stampa, magari con un inciso nel catenaccio nel quale si spiega che la questura propone un'altra versione, in modo di circoscriverne l'assurdità.

 

Cifre che vengono messe in discussione solo nei casi di adunata che non rispecchia la linea politica seguita da un giornale, o che non rispecchiano il sentore medio del pubblico. Perché se sono ovviamente sovrastimate i due milioni di persone al Circo Massimo, altrettanto si può dire del "milione di persone in cento piazze", citato dall'Arcigay dopo le manifestazioni #svegliaitalia a favore delle unioni civili: una media di diecimila persone a piazza. E se effettivamente il colpo d'occhio di quelle di Roma, Milano, Bologna potevano anche dare l'idea di una quantità tale di uomini e donne che potevano raggiungere e superare le diecimila persone, sono le altre 97 piazze a dare l'idea di essere se non completamente vuote, almeno abbastanza da non raggiungere quota diecimila.

 

Ma la matematica non viene seguita da chi si erge sulla folla per far sentire la propria voce. Meglio sparare il numero, perché "un concetto o un'idea in moltissime occasioni trovano giustificazione nella grandezza numerica delle cifre, indipendentemente da queste e da come sono state estrapolate". E' "la menzogna della statistica", diceva Rosenthal, o meglio "della menzogna che si appella alla statistica".

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