Tra marketing e bollicine. Perché il Prosecco ha superato lo Champagne

Giovanni Battistuzzi

Secondo i dati Istat elaborati da Coldiretti nel 2014 il vino italiano ha distribuito fuori dai confini un totale record di 320 milioni di bottiglie, segnando un +20 per cento rispetto all'anno scorso. Le esportazioni dello spumante francese, invece, si sono fermate a 307 milioni di bottiglie.

La notizia del fine settimana, almeno nel settore enograstronomico, è stata che il Prosecco ha superato lo Champagne nelle vendite all'estero per la prima volta nella storia. Secondo i dati Istat elaborati da Coldiretti, infatti, nel 2014 il vino italiano ha distribuito fuori dai confini un totale record di 320 milioni di bottiglie, segnando un +20 per cento rispetto all'anno scorso. Le esportazioni dello Champagne, invece, si sono fermate a 307 milioni di bottiglie, con un modesto aumento dello 0,7 per cento, in flessione rispetto al trend degli anni scorsi. Un sorpasso che sino ad alcuni anni fa era impensabile, ma che era stato anticipato dai dati delle rilevazioni Nielsen sul mercato americano, dove il Prosecco aveva superato lo spumante francese nel valore delle vendite nel 2014: 246 milioni di dollari contro 231 milioni, con un incremento del 30 per cento per le bollicine del trevigiano, rispetto a un misero +0,2 per cento per quelle francesi.

 

Un risultato che però non stupisce chi il Prosecco lo conosce e che ha contribuito a costruirne il successo commerciale, come Alvise Franceschin, settantenne sommelier, enologo ed esperto di vini, consulente, negli anni, per diverse grandi case vinicole tra Conegliano e Valdobbiadene: "Il Prosecco piace, è un'evidenza, piace a tanti, in tutte le parti del mondo, piace perché non è un vino, è un progetto di marketing. E' questo il motivo del successo", spiega al Foglio. "Chi sostiene che il sorpasso sia determinato solamente dal minor prezzo di vendita al pubblico dice una sciocchezza. Questo pesa, certo, ma non nelle fascie di consumatori che acquistano queste tipologie di vini".

 


L'area di produzione del Prosecco


 

Il successo globale del Prosecco può essere riassunto in un dato: nel 2014 sono state esportate in Francia 9,8 milioni di bottiglie, mentre al contrario da Oltralpe sono arrivate in Italia solo 5,8 milioni di bottiglie di Champagne. "E' questo il simbolo del successo del nostro vino, che ripeto è un non vino. Un vino infatti può essere migliorato, raffinato, ma rimane lo stesso vino, ha una sua essenza, una sua anima. Il Prosecco invece è stato stravolto, è stato reso femminile, è stato omologato al gusto dei più. E' passato dall'osteria all'happy hour, da qui il successo: ha perso la provincia per adeguarsi alla grande città".

 

Un'evoluzione durata decenni, un miglioramento continuo, "un processo che ha trasformato un vino normale, neppure particolarmente pregiato, in un caso di costume". Il Prosecco dei nonni infatti era qualcosa di molto diverso rispetto a quello che siamo abituati ad avere nel bicchiere, "un vino torbido, frizzante naturale, acidulo e dal sapore intenso, molto spesso con fondo e con un retrogusto erbaceo", un vino da pasto, buono per accompagnare pranzi e cene normali, comuni, senza pretese. Una mutazione che ha provocato un aumento della produzione, dei terreni coltivati a glera (il vitigno del Prosecco) e dell'occupazione nel settore vinicolo nelle zone. "Se l'esponenziale crescita e successo di questo vino ha portato con se la diminuzione della produzione nel coneglianese e nelle zone limitrofi a Valdobbiadene di quello che era il vero vino delle zone, il Verdiso, ha però portato con se un aumento non secondario del pil della zona, trasformando quello che da sempre era un'attività di sussistenza, in un settore trainante dell'economia locale".

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