Gran penna al servizio della tirannia

Redazione

Tutti i dittatori e gli assassini hanno avuto i loro indomiti difensori – Stalin, Hitler, Fidel Castro. Forse i più odiosi fra gli appartenenti alla fauna di sostenitori delle dittature sono gli scrittori, i poeti, gli artisti. Lo dico da decenni che un intellettuale onesto ha un impegno nei confronti della società: dire la verità, combattere per il rispetto e la dignità umana, non mentire o sorvolare sulla verità storica, abusando del privilegio di poter raggiungere milioni di persone. Questo è uno dei crimini più grandi nel caso riguardante il defunto Gabriel García Márquez.

di Armando Valladares

    Tutti i dittatori e gli assassini hanno avuto i loro indomiti difensori – Stalin, Hitler, Fidel Castro. Forse i più odiosi fra gli appartenenti alla fauna di sostenitori delle dittature sono gli scrittori, i poeti, gli artisti. Lo dico da decenni che un intellettuale onesto ha un impegno nei confronti della società: dire la verità, combattere per il rispetto e la dignità umana, non mentire o sorvolare sulla verità storica, abusando del privilegio di poter raggiungere milioni di persone. Questo è uno dei crimini più grandi nel caso riguardante il defunto Gabriel García Márquez. Ha messo la sua penna al servizio della tirannia di Fidel Castro, sostenendo la tortura, i campi di concentramento, l’assassinio da parte di squadroni della morte di chiunque osasse opporsi al regime comunista. García Márquez era solito dire che l’unica nazione americana a rispettare i diritti umani era Cuba. Molti anni fa, ho aiutato la squadra di salvataggio di una donna, la segretaria personale di García Márquez a Cuba: la donna si stava nascondendo dalla polizia in Colombia, perché volevano tornasse all’Avana. Il capo della polizia di Miami, Florida (all’epoca era il sindaco di Miami), Xavier Suàrez, mi accompagnò all’aeroporto per darle il benvenuto. La donna ci raccontò della vita dello scrittore colombiano a Cuba. García Márquez viveva in una “Casa Governativa” con Blanquita, la sua amante teenager – che era abbastanza giovane da poter essere sua nipote (abbiamo visto le foto). Il vincitore del Nobel aveva una Mercedes Benz bianca, un altro regalo da parte del suo amico Fidel Castro, e diversi privilegi – come ricompensa per la difesa della dittatura di Castro, il tutto mentre vestiva i panni dell’accusatore di Pinochet.

    García Márquez divenne un informatore della polizia politica di Castro. Molti anni fa, all’Avana, il dissidente e attivista per i diritti umani Ricardo Bofill, con l’aiuto di Colin McSeveny – che all’epoca era un reporter Reuters –, riuscì a entrare nell’hotel dove García Márquez stava bevendo un paio di drink. In un angolo tranquillo, con assoluta discrezione, Bofill diede a García Márquez una serie di documenti e report sulla situazione di diversi intellettuali a Cuba. Alcune settimane più tardi, la polizia arrestò Bofill. Quando lo fecero, lì, sulla tavola di colui che lo interrogò, c’erano i documenti che Bofill aveva consegnato a García Márquez.

    Il 13 ottobre 1968, due giornali spagnoli, Abc e Diario 16, pubblicarono la denuncia di Bofill riguardante il suo arresto, nella quale sottolineava come “la denuncia fatta da García Márquez portò all’arresto di numerosi scrittori ed artisti”. Come disse Mario Vargas Llosa, García Márquez era il cortigiano di Castro. E uno spione, aggiungerei io.

    Alcuni dei suoi amici e difensori hanno detto che García Márquez ha intercesso affinché mi venisse concessa la libertà. Questo è completamente falso – una falsità totale. Avrei avuto abbastanza onestà morale (cosa che lui non aveva) da poter accettare la storia se fosse stata vera. Questa versione è una manovra messa in piedi dai suoi amici per capitalizzare la comprensione internazionale sorta dal mio rilascio; hanno usato tale empatia a suo nome. Quello che ha fatto è stato soltanto usare la cerimonia di consegna del Nobel per ripetere le accuse di Castro nei miei confronti, cosa che ha provocato una dura lettera di critica da parte del Pen Club francese, che mi aveva accolto come membro onorario.
    Se García Márquez ha ottenuto la libertà e la partenza da Cuba di un prigioniero politico, lo ha fatto solo per uno spione come lui, un uomo che ha tradito 99 dei suoi co-cospiratori: il leader del Mrp, lo spregevole Reynold González.

    García Márquez ha sostenuto la tortura, le sparatorie, l’assassinio dei miei compagni in prigione. Se fossi un cristiano devoto, dovrei dire “che Dio lo accolga fra le sue braccia”. Dato che non lo sono, e che non raggiungo il necessario livello di perfezione spirituale, voglio che bruci per sempre tra le fiamme dell’inferno.

    di Armando Valladares

    tratto da www.nationalreview.com - traduzione di Sarah Marion Tuggey